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DSC_0775 by Andrea Carloni (Rimini)

© Andrea Carloni (Rimini), all rights reserved.

DSC_0775

DSC_0747 by Andrea Carloni (Rimini)

© Andrea Carloni (Rimini), all rights reserved.

DSC_0747

NEROCCIO DI BARTOLOMEO LANDI
"Predica di san Bernardino da Siena, Liberazione di un'indemoniata davanti alla salma di san Bernardino da Siena".
1470 circa; tavola, cm 39 × 78
Palazzo Pubblico di Siena

DSC_0706 by Andrea Carloni (Rimini)

© Andrea Carloni (Rimini), all rights reserved.

DSC_0706

SALA DEI NOVE - Palazzo Pubblico di Siena

È forse la sala più nota tra quelle del Palazzo Pubblico e molti visitatori si accontentano della sua consultazione che, volendo approfondirla, può andare avanti per delle ore.
Ha avuto nel tempo molti nomi: "delle balestre" perchè anche destinata ad armeria, del "Buon Governo" perchè ospita quell'allegoria, " della Pace" da una delle figure qui rappresentate. Ma la sala incarna appieno la mentalità dei Nove, la forma di governo che più a lungo e meglio resse a Siena, dal 1287 al 1355, garantendole uno sviluppo economico e artistico con pochi eguali al mondo.
I Nove incaricarono nel 1337, Ambrogio Lorenzetti, che dopo la partenza di Simone Martini per la corte papale ad Avignone, era rimasto il principale interprete della Scuola senese, di decorare l'ambiente.
In esso i Nove ricevevano gli ospiti, volendo che fosse immediatamente chiaro quali erano gli ideali che ispiravano il loro agire.
Si tratta del primo ciclo profano della storia dell'arte e si sviluppa per vari gradi descrittivi con una meticolosa determinazione didascalica, come a dire che non vi dovesse essere alcun dubbio sulla comprensione del messaggio proposto. Sulla parete opposta alla finestra, quindi in migliori condizioni di leggibilità vi è l'Allegoria del Buon governo". Essa si basa sul concetto della divisione dei poteri tra il "Governo", raffigurato attraverso un vecchio saggio vestito dei colori di Siena (bianco e nero), e la "Giustizia" dotata della simbolica bilancia. I due protagonisti dell' amministrazione dello Stato agiscono sullo stesso piano, pur lavorando in ambiti diversi.
Il "governo" si avvale dell'apporto delle virtù cristiane, nel suo operare, mentre la "Giustizia" è assistita dalla "Sapienza".
Dai piatti della bilancia della "Giustizia" si diparte un doppio filo, poi riunito dalla figura della "concordia" e consegnato da questa a ventiquattro cittadini che lo riconducono al "governo", a significare che la separatezza dei poteri, secondo l' antica concezione aristotelica dello Stato, mutuata del pensiero di Tommaso d'Aquino, deve conoscere aspetti di vicinanza, garantiti dalla partecipazione dei cittadini alla gestione delle cose pubbliche.
Sull' altro lato della figurazione è schierato l' esercito con dei prigionieri in catene, come altro elemento fondamentale dell'equilibrio politico.
Ai piedi del "governo" è assisa una lupa, per la prima volta proposta come simbolo della città, un segno che fino ai nostri giorni è stato riproposto nelle architetture, nelle monete, nelle insegne anche più umili.
Nella parete accanto, sovrastante la porta d' accesso, sono dipinti, "Gli Effetti del Buongoverno in città e in campagna". La città e il paesaggio non sono astratti ma ben identificabili in Siena e nel suo territorio, raffigurati con tutte le loro peculiari caratteristiche. Nella Siena medievale fervono le varie attività: i commerci, le manifatture, lo studio. I muratori costruiscono nuovi edifici in una città che cresce. I traffici sono intensi lungo la strada (la Francigena) che taglia la città e la sua campagna, che è segnata dall'intervento rispettoso dell' uomo che la usa a suo vantaggio.
Su tutta la scena domina la "Securitas", la cui morbida grazia non è scalfita dalla sinistra presenza dell'impiccato che tiene. La sicurezza che per i più si tramuta nell'agio di condurre tranquillamente le proprie occupazioni, per alcuni di dedicarsi al diletto dello spirito.
Sulla parte opposta, rispondendo ad una esigenza di tipo didattico, sono raffigurati "L'Allegoria e gli effetti del Cattivo governo" in modo che l'esempio negativo possa ancor più far brillare le concezioni dei Nove.
Il concetto che si vuole esplicitare è quello della "Tirannia", di un tipo di governo cioè che non guarda al bene comune ma ai propri ristretti interessi. Per ottenere lo squallido risultato il Tiranno, che come consiglieri tiene i "vizi", ha dovuto per prima cosa neutralizzare la "giustizia" che, legata e spogliata, è ormai priva delle sue prerogative.
Ne conseguono effetti devastanti per la città e la campagna, ridotte a scenario di angherie e violenza, teatro di morte e distruzione, dove nessuno lavora e soltanto il fabbro prosegue nella sua mortifera attività di costruttore d'armi.
Il grandioso ciclo lorenzettiano ci è giunto gravemente lesionato dal tempo e anche dalla scarsa considerazione di cui ha goduto questo genere d'arte, considerata "primitiva", nei secoli passati.

Tratto da:
www.comune.siena.it/La-Citta/Cultura/Strutture-Museali/Mu...

DSC_0631 by Andrea Carloni (Rimini)

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DSC_0685 by Andrea Carloni (Rimini)

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SALA DEI NOVE - Palazzo Pubblico di Siena

È forse la sala più nota tra quelle del Palazzo Pubblico e molti visitatori si accontentano della sua consultazione che, volendo approfondirla, può andare avanti per delle ore.
Ha avuto nel tempo molti nomi: "delle balestre" perchè anche destinata ad armeria, del "Buon Governo" perchè ospita quell'allegoria, " della Pace" da una delle figure qui rappresentate. Ma la sala incarna appieno la mentalità dei Nove, la forma di governo che più a lungo e meglio resse a Siena, dal 1287 al 1355, garantendole uno sviluppo economico e artistico con pochi eguali al mondo.
I Nove incaricarono nel 1337, Ambrogio Lorenzetti, che dopo la partenza di Simone Martini per la corte papale ad Avignone, era rimasto il principale interprete della Scuola senese, di decorare l'ambiente.
In esso i Nove ricevevano gli ospiti, volendo che fosse immediatamente chiaro quali erano gli ideali che ispiravano il loro agire.
Si tratta del primo ciclo profano della storia dell'arte e si sviluppa per vari gradi descrittivi con una meticolosa determinazione didascalica, come a dire che non vi dovesse essere alcun dubbio sulla comprensione del messaggio proposto. Sulla parete opposta alla finestra, quindi in migliori condizioni di leggibilità vi è l'Allegoria del Buon governo". Essa si basa sul concetto della divisione dei poteri tra il "Governo", raffigurato attraverso un vecchio saggio vestito dei colori di Siena (bianco e nero), e la "Giustizia" dotata della simbolica bilancia. I due protagonisti dell' amministrazione dello Stato agiscono sullo stesso piano, pur lavorando in ambiti diversi.
Il "governo" si avvale dell'apporto delle virtù cristiane, nel suo operare, mentre la "Giustizia" è assistita dalla "Sapienza".
Dai piatti della bilancia della "Giustizia" si diparte un doppio filo, poi riunito dalla figura della "concordia" e consegnato da questa a ventiquattro cittadini che lo riconducono al "governo", a significare che la separatezza dei poteri, secondo l' antica concezione aristotelica dello Stato, mutuata del pensiero di Tommaso d'Aquino, deve conoscere aspetti di vicinanza, garantiti dalla partecipazione dei cittadini alla gestione delle cose pubbliche.
Sull' altro lato della figurazione è schierato l' esercito con dei prigionieri in catene, come altro elemento fondamentale dell'equilibrio politico.
Ai piedi del "governo" è assisa una lupa, per la prima volta proposta come simbolo della città, un segno che fino ai nostri giorni è stato riproposto nelle architetture, nelle monete, nelle insegne anche più umili.
Nella parete accanto, sovrastante la porta d' accesso, sono dipinti, "Gli Effetti del Buongoverno in città e in campagna". La città e il paesaggio non sono astratti ma ben identificabili in Siena e nel suo territorio, raffigurati con tutte le loro peculiari caratteristiche. Nella Siena medievale fervono le varie attività: i commerci, le manifatture, lo studio. I muratori costruiscono nuovi edifici in una città che cresce. I traffici sono intensi lungo la strada (la Francigena) che taglia la città e la sua campagna, che è segnata dall'intervento rispettoso dell' uomo che la usa a suo vantaggio.
Su tutta la scena domina la "Securitas", la cui morbida grazia non è scalfita dalla sinistra presenza dell'impiccato che tiene. La sicurezza che per i più si tramuta nell'agio di condurre tranquillamente le proprie occupazioni, per alcuni di dedicarsi al diletto dello spirito.
Sulla parte opposta, rispondendo ad una esigenza di tipo didattico, sono raffigurati "L'Allegoria e gli effetti del Cattivo governo" in modo che l'esempio negativo possa ancor più far brillare le concezioni dei Nove.
Il concetto che si vuole esplicitare è quello della "Tirannia", di un tipo di governo cioè che non guarda al bene comune ma ai propri ristretti interessi. Per ottenere lo squallido risultato il Tiranno, che come consiglieri tiene i "vizi", ha dovuto per prima cosa neutralizzare la "giustizia" che, legata e spogliata, è ormai priva delle sue prerogative.
Ne conseguono effetti devastanti per la città e la campagna, ridotte a scenario di angherie e violenza, teatro di morte e distruzione, dove nessuno lavora e soltanto il fabbro prosegue nella sua mortifera attività di costruttore d'armi.
Il grandioso ciclo lorenzettiano ci è giunto gravemente lesionato dal tempo e anche dalla scarsa considerazione di cui ha goduto questo genere d'arte, considerata "primitiva", nei secoli passati.

Tratto da:
www.comune.siena.it/La-Citta/Cultura/Strutture-Museali/Mu...

DSC_0671c by Andrea Carloni (Rimini)

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SALA DEI NOVE - Palazzo Pubblico di Siena

È forse la sala più nota tra quelle del Palazzo Pubblico e molti visitatori si accontentano della sua consultazione che, volendo approfondirla, può andare avanti per delle ore.
Ha avuto nel tempo molti nomi: "delle balestre" perchè anche destinata ad armeria, del "Buon Governo" perchè ospita quell'allegoria, " della Pace" da una delle figure qui rappresentate. Ma la sala incarna appieno la mentalità dei Nove, la forma di governo che più a lungo e meglio resse a Siena, dal 1287 al 1355, garantendole uno sviluppo economico e artistico con pochi eguali al mondo.
I Nove incaricarono nel 1337, Ambrogio Lorenzetti, che dopo la partenza di Simone Martini per la corte papale ad Avignone, era rimasto il principale interprete della Scuola senese, di decorare l'ambiente.
In esso i Nove ricevevano gli ospiti, volendo che fosse immediatamente chiaro quali erano gli ideali che ispiravano il loro agire.
Si tratta del primo ciclo profano della storia dell'arte e si sviluppa per vari gradi descrittivi con una meticolosa determinazione didascalica, come a dire che non vi dovesse essere alcun dubbio sulla comprensione del messaggio proposto. Sulla parete opposta alla finestra, quindi in migliori condizioni di leggibilità vi è l'Allegoria del Buon governo". Essa si basa sul concetto della divisione dei poteri tra il "Governo", raffigurato attraverso un vecchio saggio vestito dei colori di Siena (bianco e nero), e la "Giustizia" dotata della simbolica bilancia. I due protagonisti dell' amministrazione dello Stato agiscono sullo stesso piano, pur lavorando in ambiti diversi.
Il "governo" si avvale dell'apporto delle virtù cristiane, nel suo operare, mentre la "Giustizia" è assistita dalla "Sapienza".
Dai piatti della bilancia della "Giustizia" si diparte un doppio filo, poi riunito dalla figura della "concordia" e consegnato da questa a ventiquattro cittadini che lo riconducono al "governo", a significare che la separatezza dei poteri, secondo l' antica concezione aristotelica dello Stato, mutuata del pensiero di Tommaso d'Aquino, deve conoscere aspetti di vicinanza, garantiti dalla partecipazione dei cittadini alla gestione delle cose pubbliche.
Sull' altro lato della figurazione è schierato l' esercito con dei prigionieri in catene, come altro elemento fondamentale dell'equilibrio politico.
Ai piedi del "governo" è assisa una lupa, per la prima volta proposta come simbolo della città, un segno che fino ai nostri giorni è stato riproposto nelle architetture, nelle monete, nelle insegne anche più umili.
Nella parete accanto, sovrastante la porta d' accesso, sono dipinti, "Gli Effetti del Buongoverno in città e in campagna". La città e il paesaggio non sono astratti ma ben identificabili in Siena e nel suo territorio, raffigurati con tutte le loro peculiari caratteristiche. Nella Siena medievale fervono le varie attività: i commerci, le manifatture, lo studio. I muratori costruiscono nuovi edifici in una città che cresce. I traffici sono intensi lungo la strada (la Francigena) che taglia la città e la sua campagna, che è segnata dall'intervento rispettoso dell' uomo che la usa a suo vantaggio.
Su tutta la scena domina la "Securitas", la cui morbida grazia non è scalfita dalla sinistra presenza dell'impiccato che tiene. La sicurezza che per i più si tramuta nell'agio di condurre tranquillamente le proprie occupazioni, per alcuni di dedicarsi al diletto dello spirito.
Sulla parte opposta, rispondendo ad una esigenza di tipo didattico, sono raffigurati "L'Allegoria e gli effetti del Cattivo governo" in modo che l'esempio negativo possa ancor più far brillare le concezioni dei Nove.
Il concetto che si vuole esplicitare è quello della "Tirannia", di un tipo di governo cioè che non guarda al bene comune ma ai propri ristretti interessi. Per ottenere lo squallido risultato il Tiranno, che come consiglieri tiene i "vizi", ha dovuto per prima cosa neutralizzare la "giustizia" che, legata e spogliata, è ormai priva delle sue prerogative.
Ne conseguono effetti devastanti per la città e la campagna, ridotte a scenario di angherie e violenza, teatro di morte e distruzione, dove nessuno lavora e soltanto il fabbro prosegue nella sua mortifera attività di costruttore d'armi.
Il grandioso ciclo lorenzettiano ci è giunto gravemente lesionato dal tempo e anche dalla scarsa considerazione di cui ha goduto questo genere d'arte, considerata "primitiva", nei secoli passati.

Tratto da:
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DSC_0751 by Andrea Carloni (Rimini)

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NEROCCIO DI BARTOLOMEO LANDI
"Predica di san Bernardino da Siena, Liberazione di un'indemoniata davanti alla salma di san Bernardino da Siena".
1470 circa; tavola, cm 39 × 78
Palazzo Pubblico di Siena

DSC_0644 by Andrea Carloni (Rimini)

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ANTICAPPELLA - Palazzo Pubblico di Siena

Venne anticamente usata come anticamera del Concistoro, ospitandone gli uffici. Proprio per queste funzioni, Taddeo di Bartolo venne incaricato nel 1415, di costruirvi un ciclo pittorico che partendo dalla raffigurazione delle Virtù necessarie al buon esercizio del potere (Giustizia, Magnanimità, Forza, Prudenza e Religione) sotto le quali proponeva una galleria di personaggi che per le loro gesta e la loro storia avevano contribuito alla formazione dell'Antica Roma, come Catone, Muzio Scevola, Scipione e altri.
Sull' arco di ingresso verso la Sala del Mappamondo, Taddeo raffigurò poi la Pianta della Roma del tempo, circondata ancora dai personaggi più imponenti della cultura antica. Il recupero della cultura classica operato in epoca illuministica aveva portato a Siena frutti importanti tanto che la città si ricostruì tramite le supposizioni di alcuni coraggiosi eruditi, una storia illustre quanto poco verosimile che affondava radici nella stessa origine della Città eterna, come testimoniato dalla scelta come simbolo della città della Lupa romana.
Sull' alzata della parte opposta all'ingresso vi è un monumentale San Cristoforo, sempre opera di Taddeo. La raffigurazione di questo Santo era consueta, specie nelle città meta di pellegrini, perchè la sua vista doveva conferire loro sicurezza e protezione.
Per questo, ma anche a causa della tradizione che lo voleva di proporzioni gigantesche, veniva in genere dipinto in grande formato, perchè, la sua vista fosse agevole anche ai più distratti. Nel nostro caso, probabilmente, la grandiosità della rappresentazione si deve anche a una specie di debito che il Comune pagava al Santo che aveva ospitato a lungo nella sua Chiesa, posta proprio al centro della città, attività e riunioni pubbliche, prima dell'edificazione del Palazzo Pubblico.
Nella vetrina sono custoditi alcuni arredi sacri utilizzati nel tempo per le cerimonie religiose che qui si svolgevano, la più importante delle quali è sicuramente la Rosa d'oro,opera di Simone da Firenze, capolavoro dell'oreficeria rinascimentale, donata dal Papa Pio II Piccolomini alla città nel 1458.

Tratto da:
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SALA DEI NOVE - Palazzo Pubblico di Siena

È forse la sala più nota tra quelle del Palazzo Pubblico e molti visitatori si accontentano della sua consultazione che, volendo approfondirla, può andare avanti per delle ore.
Ha avuto nel tempo molti nomi: "delle balestre" perchè anche destinata ad armeria, del "Buon Governo" perchè ospita quell'allegoria, " della Pace" da una delle figure qui rappresentate. Ma la sala incarna appieno la mentalità dei Nove, la forma di governo che più a lungo e meglio resse a Siena, dal 1287 al 1355, garantendole uno sviluppo economico e artistico con pochi eguali al mondo.
I Nove incaricarono nel 1337, Ambrogio Lorenzetti, che dopo la partenza di Simone Martini per la corte papale ad Avignone, era rimasto il principale interprete della Scuola senese, di decorare l'ambiente.
In esso i Nove ricevevano gli ospiti, volendo che fosse immediatamente chiaro quali erano gli ideali che ispiravano il loro agire.
Si tratta del primo ciclo profano della storia dell'arte e si sviluppa per vari gradi descrittivi con una meticolosa determinazione didascalica, come a dire che non vi dovesse essere alcun dubbio sulla comprensione del messaggio proposto. Sulla parete opposta alla finestra, quindi in migliori condizioni di leggibilità vi è l'Allegoria del Buon governo". Essa si basa sul concetto della divisione dei poteri tra il "Governo", raffigurato attraverso un vecchio saggio vestito dei colori di Siena (bianco e nero), e la "Giustizia" dotata della simbolica bilancia. I due protagonisti dell' amministrazione dello Stato agiscono sullo stesso piano, pur lavorando in ambiti diversi.
Il "governo" si avvale dell'apporto delle virtù cristiane, nel suo operare, mentre la "Giustizia" è assistita dalla "Sapienza".
Dai piatti della bilancia della "Giustizia" si diparte un doppio filo, poi riunito dalla figura della "concordia" e consegnato da questa a ventiquattro cittadini che lo riconducono al "governo", a significare che la separatezza dei poteri, secondo l' antica concezione aristotelica dello Stato, mutuata del pensiero di Tommaso d'Aquino, deve conoscere aspetti di vicinanza, garantiti dalla partecipazione dei cittadini alla gestione delle cose pubbliche.
Sull' altro lato della figurazione è schierato l' esercito con dei prigionieri in catene, come altro elemento fondamentale dell'equilibrio politico.
Ai piedi del "governo" è assisa una lupa, per la prima volta proposta come simbolo della città, un segno che fino ai nostri giorni è stato riproposto nelle architetture, nelle monete, nelle insegne anche più umili.
Nella parete accanto, sovrastante la porta d' accesso, sono dipinti, "Gli Effetti del Buongoverno in città e in campagna". La città e il paesaggio non sono astratti ma ben identificabili in Siena e nel suo territorio, raffigurati con tutte le loro peculiari caratteristiche. Nella Siena medievale fervono le varie attività: i commerci, le manifatture, lo studio. I muratori costruiscono nuovi edifici in una città che cresce. I traffici sono intensi lungo la strada (la Francigena) che taglia la città e la sua campagna, che è segnata dall'intervento rispettoso dell' uomo che la usa a suo vantaggio.
Su tutta la scena domina la "Securitas", la cui morbida grazia non è scalfita dalla sinistra presenza dell'impiccato che tiene. La sicurezza che per i più si tramuta nell'agio di condurre tranquillamente le proprie occupazioni, per alcuni di dedicarsi al diletto dello spirito.
Sulla parte opposta, rispondendo ad una esigenza di tipo didattico, sono raffigurati "L'Allegoria e gli effetti del Cattivo governo" in modo che l'esempio negativo possa ancor più far brillare le concezioni dei Nove.
Il concetto che si vuole esplicitare è quello della "Tirannia", di un tipo di governo cioè che non guarda al bene comune ma ai propri ristretti interessi. Per ottenere lo squallido risultato il Tiranno, che come consiglieri tiene i "vizi", ha dovuto per prima cosa neutralizzare la "giustizia" che, legata e spogliata, è ormai priva delle sue prerogative.
Ne conseguono effetti devastanti per la città e la campagna, ridotte a scenario di angherie e violenza, teatro di morte e distruzione, dove nessuno lavora e soltanto il fabbro prosegue nella sua mortifera attività di costruttore d'armi.
Il grandioso ciclo lorenzettiano ci è giunto gravemente lesionato dal tempo e anche dalla scarsa considerazione di cui ha goduto questo genere d'arte, considerata "primitiva", nei secoli passati.

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SALA DEI NOVE - Palazzo Pubblico di Siena

È forse la sala più nota tra quelle del Palazzo Pubblico e molti visitatori si accontentano della sua consultazione che, volendo approfondirla, può andare avanti per delle ore.
Ha avuto nel tempo molti nomi: "delle balestre" perchè anche destinata ad armeria, del "Buon Governo" perchè ospita quell'allegoria, " della Pace" da una delle figure qui rappresentate. Ma la sala incarna appieno la mentalità dei Nove, la forma di governo che più a lungo e meglio resse a Siena, dal 1287 al 1355, garantendole uno sviluppo economico e artistico con pochi eguali al mondo.
I Nove incaricarono nel 1337, Ambrogio Lorenzetti, che dopo la partenza di Simone Martini per la corte papale ad Avignone, era rimasto il principale interprete della Scuola senese, di decorare l'ambiente.
In esso i Nove ricevevano gli ospiti, volendo che fosse immediatamente chiaro quali erano gli ideali che ispiravano il loro agire.
Si tratta del primo ciclo profano della storia dell'arte e si sviluppa per vari gradi descrittivi con una meticolosa determinazione didascalica, come a dire che non vi dovesse essere alcun dubbio sulla comprensione del messaggio proposto. Sulla parete opposta alla finestra, quindi in migliori condizioni di leggibilità vi è l'Allegoria del Buon governo". Essa si basa sul concetto della divisione dei poteri tra il "Governo", raffigurato attraverso un vecchio saggio vestito dei colori di Siena (bianco e nero), e la "Giustizia" dotata della simbolica bilancia. I due protagonisti dell' amministrazione dello Stato agiscono sullo stesso piano, pur lavorando in ambiti diversi.
Il "governo" si avvale dell'apporto delle virtù cristiane, nel suo operare, mentre la "Giustizia" è assistita dalla "Sapienza".
Dai piatti della bilancia della "Giustizia" si diparte un doppio filo, poi riunito dalla figura della "concordia" e consegnato da questa a ventiquattro cittadini che lo riconducono al "governo", a significare che la separatezza dei poteri, secondo l' antica concezione aristotelica dello Stato, mutuata del pensiero di Tommaso d'Aquino, deve conoscere aspetti di vicinanza, garantiti dalla partecipazione dei cittadini alla gestione delle cose pubbliche.
Sull' altro lato della figurazione è schierato l' esercito con dei prigionieri in catene, come altro elemento fondamentale dell'equilibrio politico.
Ai piedi del "governo" è assisa una lupa, per la prima volta proposta come simbolo della città, un segno che fino ai nostri giorni è stato riproposto nelle architetture, nelle monete, nelle insegne anche più umili.
Nella parete accanto, sovrastante la porta d' accesso, sono dipinti, "Gli Effetti del Buongoverno in città e in campagna". La città e il paesaggio non sono astratti ma ben identificabili in Siena e nel suo territorio, raffigurati con tutte le loro peculiari caratteristiche. Nella Siena medievale fervono le varie attività: i commerci, le manifatture, lo studio. I muratori costruiscono nuovi edifici in una città che cresce. I traffici sono intensi lungo la strada (la Francigena) che taglia la città e la sua campagna, che è segnata dall'intervento rispettoso dell' uomo che la usa a suo vantaggio.
Su tutta la scena domina la "Securitas", la cui morbida grazia non è scalfita dalla sinistra presenza dell'impiccato che tiene. La sicurezza che per i più si tramuta nell'agio di condurre tranquillamente le proprie occupazioni, per alcuni di dedicarsi al diletto dello spirito.
Sulla parte opposta, rispondendo ad una esigenza di tipo didattico, sono raffigurati "L'Allegoria e gli effetti del Cattivo governo" in modo che l'esempio negativo possa ancor più far brillare le concezioni dei Nove.
Il concetto che si vuole esplicitare è quello della "Tirannia", di un tipo di governo cioè che non guarda al bene comune ma ai propri ristretti interessi. Per ottenere lo squallido risultato il Tiranno, che come consiglieri tiene i "vizi", ha dovuto per prima cosa neutralizzare la "giustizia" che, legata e spogliata, è ormai priva delle sue prerogative.
Ne conseguono effetti devastanti per la città e la campagna, ridotte a scenario di angherie e violenza, teatro di morte e distruzione, dove nessuno lavora e soltanto il fabbro prosegue nella sua mortifera attività di costruttore d'armi.
Il grandioso ciclo lorenzettiano ci è giunto gravemente lesionato dal tempo e anche dalla scarsa considerazione di cui ha goduto questo genere d'arte, considerata "primitiva", nei secoli passati.

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SALA DEI NOVE - Palazzo Pubblico di Siena

È forse la sala più nota tra quelle del Palazzo Pubblico e molti visitatori si accontentano della sua consultazione che, volendo approfondirla, può andare avanti per delle ore.
Ha avuto nel tempo molti nomi: "delle balestre" perchè anche destinata ad armeria, del "Buon Governo" perchè ospita quell'allegoria, " della Pace" da una delle figure qui rappresentate. Ma la sala incarna appieno la mentalità dei Nove, la forma di governo che più a lungo e meglio resse a Siena, dal 1287 al 1355, garantendole uno sviluppo economico e artistico con pochi eguali al mondo.
I Nove incaricarono nel 1337, Ambrogio Lorenzetti, che dopo la partenza di Simone Martini per la corte papale ad Avignone, era rimasto il principale interprete della Scuola senese, di decorare l'ambiente.
In esso i Nove ricevevano gli ospiti, volendo che fosse immediatamente chiaro quali erano gli ideali che ispiravano il loro agire.
Si tratta del primo ciclo profano della storia dell'arte e si sviluppa per vari gradi descrittivi con una meticolosa determinazione didascalica, come a dire che non vi dovesse essere alcun dubbio sulla comprensione del messaggio proposto. Sulla parete opposta alla finestra, quindi in migliori condizioni di leggibilità vi è l'Allegoria del Buon governo". Essa si basa sul concetto della divisione dei poteri tra il "Governo", raffigurato attraverso un vecchio saggio vestito dei colori di Siena (bianco e nero), e la "Giustizia" dotata della simbolica bilancia. I due protagonisti dell' amministrazione dello Stato agiscono sullo stesso piano, pur lavorando in ambiti diversi.
Il "governo" si avvale dell'apporto delle virtù cristiane, nel suo operare, mentre la "Giustizia" è assistita dalla "Sapienza".
Dai piatti della bilancia della "Giustizia" si diparte un doppio filo, poi riunito dalla figura della "concordia" e consegnato da questa a ventiquattro cittadini che lo riconducono al "governo", a significare che la separatezza dei poteri, secondo l' antica concezione aristotelica dello Stato, mutuata del pensiero di Tommaso d'Aquino, deve conoscere aspetti di vicinanza, garantiti dalla partecipazione dei cittadini alla gestione delle cose pubbliche.
Sull' altro lato della figurazione è schierato l' esercito con dei prigionieri in catene, come altro elemento fondamentale dell'equilibrio politico.
Ai piedi del "governo" è assisa una lupa, per la prima volta proposta come simbolo della città, un segno che fino ai nostri giorni è stato riproposto nelle architetture, nelle monete, nelle insegne anche più umili.
Nella parete accanto, sovrastante la porta d' accesso, sono dipinti, "Gli Effetti del Buongoverno in città e in campagna". La città e il paesaggio non sono astratti ma ben identificabili in Siena e nel suo territorio, raffigurati con tutte le loro peculiari caratteristiche. Nella Siena medievale fervono le varie attività: i commerci, le manifatture, lo studio. I muratori costruiscono nuovi edifici in una città che cresce. I traffici sono intensi lungo la strada (la Francigena) che taglia la città e la sua campagna, che è segnata dall'intervento rispettoso dell' uomo che la usa a suo vantaggio.
Su tutta la scena domina la "Securitas", la cui morbida grazia non è scalfita dalla sinistra presenza dell'impiccato che tiene. La sicurezza che per i più si tramuta nell'agio di condurre tranquillamente le proprie occupazioni, per alcuni di dedicarsi al diletto dello spirito.
Sulla parte opposta, rispondendo ad una esigenza di tipo didattico, sono raffigurati "L'Allegoria e gli effetti del Cattivo governo" in modo che l'esempio negativo possa ancor più far brillare le concezioni dei Nove.
Il concetto che si vuole esplicitare è quello della "Tirannia", di un tipo di governo cioè che non guarda al bene comune ma ai propri ristretti interessi. Per ottenere lo squallido risultato il Tiranno, che come consiglieri tiene i "vizi", ha dovuto per prima cosa neutralizzare la "giustizia" che, legata e spogliata, è ormai priva delle sue prerogative.
Ne conseguono effetti devastanti per la città e la campagna, ridotte a scenario di angherie e violenza, teatro di morte e distruzione, dove nessuno lavora e soltanto il fabbro prosegue nella sua mortifera attività di costruttore d'armi.
Il grandioso ciclo lorenzettiano ci è giunto gravemente lesionato dal tempo e anche dalla scarsa considerazione di cui ha goduto questo genere d'arte, considerata "primitiva", nei secoli passati.

Tratto da:
www.comune.siena.it/La-Citta/Cultura/Strutture-Museali/Mu...

DSC_0688 by Andrea Carloni (Rimini)

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DSC_0688

SALA DEI NOVE - Palazzo Pubblico di Siena

È forse la sala più nota tra quelle del Palazzo Pubblico e molti visitatori si accontentano della sua consultazione che, volendo approfondirla, può andare avanti per delle ore.
Ha avuto nel tempo molti nomi: "delle balestre" perchè anche destinata ad armeria, del "Buon Governo" perchè ospita quell'allegoria, " della Pace" da una delle figure qui rappresentate. Ma la sala incarna appieno la mentalità dei Nove, la forma di governo che più a lungo e meglio resse a Siena, dal 1287 al 1355, garantendole uno sviluppo economico e artistico con pochi eguali al mondo.
I Nove incaricarono nel 1337, Ambrogio Lorenzetti, che dopo la partenza di Simone Martini per la corte papale ad Avignone, era rimasto il principale interprete della Scuola senese, di decorare l'ambiente.
In esso i Nove ricevevano gli ospiti, volendo che fosse immediatamente chiaro quali erano gli ideali che ispiravano il loro agire.
Si tratta del primo ciclo profano della storia dell'arte e si sviluppa per vari gradi descrittivi con una meticolosa determinazione didascalica, come a dire che non vi dovesse essere alcun dubbio sulla comprensione del messaggio proposto. Sulla parete opposta alla finestra, quindi in migliori condizioni di leggibilità vi è l'Allegoria del Buon governo". Essa si basa sul concetto della divisione dei poteri tra il "Governo", raffigurato attraverso un vecchio saggio vestito dei colori di Siena (bianco e nero), e la "Giustizia" dotata della simbolica bilancia. I due protagonisti dell' amministrazione dello Stato agiscono sullo stesso piano, pur lavorando in ambiti diversi.
Il "governo" si avvale dell'apporto delle virtù cristiane, nel suo operare, mentre la "Giustizia" è assistita dalla "Sapienza".
Dai piatti della bilancia della "Giustizia" si diparte un doppio filo, poi riunito dalla figura della "concordia" e consegnato da questa a ventiquattro cittadini che lo riconducono al "governo", a significare che la separatezza dei poteri, secondo l' antica concezione aristotelica dello Stato, mutuata del pensiero di Tommaso d'Aquino, deve conoscere aspetti di vicinanza, garantiti dalla partecipazione dei cittadini alla gestione delle cose pubbliche.
Sull' altro lato della figurazione è schierato l' esercito con dei prigionieri in catene, come altro elemento fondamentale dell'equilibrio politico.
Ai piedi del "governo" è assisa una lupa, per la prima volta proposta come simbolo della città, un segno che fino ai nostri giorni è stato riproposto nelle architetture, nelle monete, nelle insegne anche più umili.
Nella parete accanto, sovrastante la porta d' accesso, sono dipinti, "Gli Effetti del Buongoverno in città e in campagna". La città e il paesaggio non sono astratti ma ben identificabili in Siena e nel suo territorio, raffigurati con tutte le loro peculiari caratteristiche. Nella Siena medievale fervono le varie attività: i commerci, le manifatture, lo studio. I muratori costruiscono nuovi edifici in una città che cresce. I traffici sono intensi lungo la strada (la Francigena) che taglia la città e la sua campagna, che è segnata dall'intervento rispettoso dell' uomo che la usa a suo vantaggio.
Su tutta la scena domina la "Securitas", la cui morbida grazia non è scalfita dalla sinistra presenza dell'impiccato che tiene. La sicurezza che per i più si tramuta nell'agio di condurre tranquillamente le proprie occupazioni, per alcuni di dedicarsi al diletto dello spirito.
Sulla parte opposta, rispondendo ad una esigenza di tipo didattico, sono raffigurati "L'Allegoria e gli effetti del Cattivo governo" in modo che l'esempio negativo possa ancor più far brillare le concezioni dei Nove.
Il concetto che si vuole esplicitare è quello della "Tirannia", di un tipo di governo cioè che non guarda al bene comune ma ai propri ristretti interessi. Per ottenere lo squallido risultato il Tiranno, che come consiglieri tiene i "vizi", ha dovuto per prima cosa neutralizzare la "giustizia" che, legata e spogliata, è ormai priva delle sue prerogative.
Ne conseguono effetti devastanti per la città e la campagna, ridotte a scenario di angherie e violenza, teatro di morte e distruzione, dove nessuno lavora e soltanto il fabbro prosegue nella sua mortifera attività di costruttore d'armi.
Il grandioso ciclo lorenzettiano ci è giunto gravemente lesionato dal tempo e anche dalla scarsa considerazione di cui ha goduto questo genere d'arte, considerata "primitiva", nei secoli passati.

Tratto da:
www.comune.siena.it/La-Citta/Cultura/Strutture-Museali/Mu...

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ANTICAPPELLA - Palazzo Pubblico di Siena

Venne anticamente usata come anticamera del Concistoro, ospitandone gli uffici. Proprio per queste funzioni, Taddeo di Bartolo venne incaricato nel 1415, di costruirvi un ciclo pittorico che partendo dalla raffigurazione delle Virtù necessarie al buon esercizio del potere (Giustizia, Magnanimità, Forza, Prudenza e Religione) sotto le quali proponeva una galleria di personaggi che per le loro gesta e la loro storia avevano contribuito alla formazione dell'Antica Roma, come Catone, Muzio Scevola, Scipione e altri.
Sull' arco di ingresso verso la Sala del Mappamondo, Taddeo raffigurò poi la Pianta della Roma del tempo, circondata ancora dai personaggi più imponenti della cultura antica. Il recupero della cultura classica operato in epoca illuministica aveva portato a Siena frutti importanti tanto che la città si ricostruì tramite le supposizioni di alcuni coraggiosi eruditi, una storia illustre quanto poco verosimile che affondava radici nella stessa origine della Città eterna, come testimoniato dalla scelta come simbolo della città della Lupa romana.
Sull' alzata della parte opposta all'ingresso vi è un monumentale San Cristoforo, sempre opera di Taddeo. La raffigurazione di questo Santo era consueta, specie nelle città meta di pellegrini, perchè la sua vista doveva conferire loro sicurezza e protezione.
Per questo, ma anche a causa della tradizione che lo voleva di proporzioni gigantesche, veniva in genere dipinto in grande formato, perchè, la sua vista fosse agevole anche ai più distratti. Nel nostro caso, probabilmente, la grandiosità della rappresentazione si deve anche a una specie di debito che il Comune pagava al Santo che aveva ospitato a lungo nella sua Chiesa, posta proprio al centro della città, attività e riunioni pubbliche, prima dell'edificazione del Palazzo Pubblico.
Nella vetrina sono custoditi alcuni arredi sacri utilizzati nel tempo per le cerimonie religiose che qui si svolgevano, la più importante delle quali è sicuramente la Rosa d'oro,opera di Simone da Firenze, capolavoro dell'oreficeria rinascimentale, donata dal Papa Pio II Piccolomini alla città nel 1458.

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SALA DEI NOVE - Palazzo Pubblico di Siena

È forse la sala più nota tra quelle del Palazzo Pubblico e molti visitatori si accontentano della sua consultazione che, volendo approfondirla, può andare avanti per delle ore.
Ha avuto nel tempo molti nomi: "delle balestre" perchè anche destinata ad armeria, del "Buon Governo" perchè ospita quell'allegoria, " della Pace" da una delle figure qui rappresentate. Ma la sala incarna appieno la mentalità dei Nove, la forma di governo che più a lungo e meglio resse a Siena, dal 1287 al 1355, garantendole uno sviluppo economico e artistico con pochi eguali al mondo.
I Nove incaricarono nel 1337, Ambrogio Lorenzetti, che dopo la partenza di Simone Martini per la corte papale ad Avignone, era rimasto il principale interprete della Scuola senese, di decorare l'ambiente.
In esso i Nove ricevevano gli ospiti, volendo che fosse immediatamente chiaro quali erano gli ideali che ispiravano il loro agire.
Si tratta del primo ciclo profano della storia dell'arte e si sviluppa per vari gradi descrittivi con una meticolosa determinazione didascalica, come a dire che non vi dovesse essere alcun dubbio sulla comprensione del messaggio proposto. Sulla parete opposta alla finestra, quindi in migliori condizioni di leggibilità vi è l'Allegoria del Buon governo". Essa si basa sul concetto della divisione dei poteri tra il "Governo", raffigurato attraverso un vecchio saggio vestito dei colori di Siena (bianco e nero), e la "Giustizia" dotata della simbolica bilancia. I due protagonisti dell' amministrazione dello Stato agiscono sullo stesso piano, pur lavorando in ambiti diversi.
Il "governo" si avvale dell'apporto delle virtù cristiane, nel suo operare, mentre la "Giustizia" è assistita dalla "Sapienza".
Dai piatti della bilancia della "Giustizia" si diparte un doppio filo, poi riunito dalla figura della "concordia" e consegnato da questa a ventiquattro cittadini che lo riconducono al "governo", a significare che la separatezza dei poteri, secondo l' antica concezione aristotelica dello Stato, mutuata del pensiero di Tommaso d'Aquino, deve conoscere aspetti di vicinanza, garantiti dalla partecipazione dei cittadini alla gestione delle cose pubbliche.
Sull' altro lato della figurazione è schierato l' esercito con dei prigionieri in catene, come altro elemento fondamentale dell'equilibrio politico.
Ai piedi del "governo" è assisa una lupa, per la prima volta proposta come simbolo della città, un segno che fino ai nostri giorni è stato riproposto nelle architetture, nelle monete, nelle insegne anche più umili.
Nella parete accanto, sovrastante la porta d' accesso, sono dipinti, "Gli Effetti del Buongoverno in città e in campagna". La città e il paesaggio non sono astratti ma ben identificabili in Siena e nel suo territorio, raffigurati con tutte le loro peculiari caratteristiche. Nella Siena medievale fervono le varie attività: i commerci, le manifatture, lo studio. I muratori costruiscono nuovi edifici in una città che cresce. I traffici sono intensi lungo la strada (la Francigena) che taglia la città e la sua campagna, che è segnata dall'intervento rispettoso dell' uomo che la usa a suo vantaggio.
Su tutta la scena domina la "Securitas", la cui morbida grazia non è scalfita dalla sinistra presenza dell'impiccato che tiene. La sicurezza che per i più si tramuta nell'agio di condurre tranquillamente le proprie occupazioni, per alcuni di dedicarsi al diletto dello spirito.
Sulla parte opposta, rispondendo ad una esigenza di tipo didattico, sono raffigurati "L'Allegoria e gli effetti del Cattivo governo" in modo che l'esempio negativo possa ancor più far brillare le concezioni dei Nove.
Il concetto che si vuole esplicitare è quello della "Tirannia", di un tipo di governo cioè che non guarda al bene comune ma ai propri ristretti interessi. Per ottenere lo squallido risultato il Tiranno, che come consiglieri tiene i "vizi", ha dovuto per prima cosa neutralizzare la "giustizia" che, legata e spogliata, è ormai priva delle sue prerogative.
Ne conseguono effetti devastanti per la città e la campagna, ridotte a scenario di angherie e violenza, teatro di morte e distruzione, dove nessuno lavora e soltanto il fabbro prosegue nella sua mortifera attività di costruttore d'armi.
Il grandioso ciclo lorenzettiano ci è giunto gravemente lesionato dal tempo e anche dalla scarsa considerazione di cui ha goduto questo genere d'arte, considerata "primitiva", nei secoli passati.

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SALA DEI NOVE - Palazzo Pubblico di Siena

È forse la sala più nota tra quelle del Palazzo Pubblico e molti visitatori si accontentano della sua consultazione che, volendo approfondirla, può andare avanti per delle ore.
Ha avuto nel tempo molti nomi: "delle balestre" perchè anche destinata ad armeria, del "Buon Governo" perchè ospita quell'allegoria, " della Pace" da una delle figure qui rappresentate. Ma la sala incarna appieno la mentalità dei Nove, la forma di governo che più a lungo e meglio resse a Siena, dal 1287 al 1355, garantendole uno sviluppo economico e artistico con pochi eguali al mondo.
I Nove incaricarono nel 1337, Ambrogio Lorenzetti, che dopo la partenza di Simone Martini per la corte papale ad Avignone, era rimasto il principale interprete della Scuola senese, di decorare l'ambiente.
In esso i Nove ricevevano gli ospiti, volendo che fosse immediatamente chiaro quali erano gli ideali che ispiravano il loro agire.
Si tratta del primo ciclo profano della storia dell'arte e si sviluppa per vari gradi descrittivi con una meticolosa determinazione didascalica, come a dire che non vi dovesse essere alcun dubbio sulla comprensione del messaggio proposto. Sulla parete opposta alla finestra, quindi in migliori condizioni di leggibilità vi è l'Allegoria del Buon governo". Essa si basa sul concetto della divisione dei poteri tra il "Governo", raffigurato attraverso un vecchio saggio vestito dei colori di Siena (bianco e nero), e la "Giustizia" dotata della simbolica bilancia. I due protagonisti dell' amministrazione dello Stato agiscono sullo stesso piano, pur lavorando in ambiti diversi.
Il "governo" si avvale dell'apporto delle virtù cristiane, nel suo operare, mentre la "Giustizia" è assistita dalla "Sapienza".
Dai piatti della bilancia della "Giustizia" si diparte un doppio filo, poi riunito dalla figura della "concordia" e consegnato da questa a ventiquattro cittadini che lo riconducono al "governo", a significare che la separatezza dei poteri, secondo l' antica concezione aristotelica dello Stato, mutuata del pensiero di Tommaso d'Aquino, deve conoscere aspetti di vicinanza, garantiti dalla partecipazione dei cittadini alla gestione delle cose pubbliche.
Sull' altro lato della figurazione è schierato l' esercito con dei prigionieri in catene, come altro elemento fondamentale dell'equilibrio politico.
Ai piedi del "governo" è assisa una lupa, per la prima volta proposta come simbolo della città, un segno che fino ai nostri giorni è stato riproposto nelle architetture, nelle monete, nelle insegne anche più umili.
Nella parete accanto, sovrastante la porta d' accesso, sono dipinti, "Gli Effetti del Buongoverno in città e in campagna". La città e il paesaggio non sono astratti ma ben identificabili in Siena e nel suo territorio, raffigurati con tutte le loro peculiari caratteristiche. Nella Siena medievale fervono le varie attività: i commerci, le manifatture, lo studio. I muratori costruiscono nuovi edifici in una città che cresce. I traffici sono intensi lungo la strada (la Francigena) che taglia la città e la sua campagna, che è segnata dall'intervento rispettoso dell' uomo che la usa a suo vantaggio.
Su tutta la scena domina la "Securitas", la cui morbida grazia non è scalfita dalla sinistra presenza dell'impiccato che tiene. La sicurezza che per i più si tramuta nell'agio di condurre tranquillamente le proprie occupazioni, per alcuni di dedicarsi al diletto dello spirito.
Sulla parte opposta, rispondendo ad una esigenza di tipo didattico, sono raffigurati "L'Allegoria e gli effetti del Cattivo governo" in modo che l'esempio negativo possa ancor più far brillare le concezioni dei Nove.
Il concetto che si vuole esplicitare è quello della "Tirannia", di un tipo di governo cioè che non guarda al bene comune ma ai propri ristretti interessi. Per ottenere lo squallido risultato il Tiranno, che come consiglieri tiene i "vizi", ha dovuto per prima cosa neutralizzare la "giustizia" che, legata e spogliata, è ormai priva delle sue prerogative.
Ne conseguono effetti devastanti per la città e la campagna, ridotte a scenario di angherie e violenza, teatro di morte e distruzione, dove nessuno lavora e soltanto il fabbro prosegue nella sua mortifera attività di costruttore d'armi.
Il grandioso ciclo lorenzettiano ci è giunto gravemente lesionato dal tempo e anche dalla scarsa considerazione di cui ha goduto questo genere d'arte, considerata "primitiva", nei secoli passati.

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SALA DEI NOVE - Palazzo Pubblico di Siena

È forse la sala più nota tra quelle del Palazzo Pubblico e molti visitatori si accontentano della sua consultazione che, volendo approfondirla, può andare avanti per delle ore.
Ha avuto nel tempo molti nomi: "delle balestre" perchè anche destinata ad armeria, del "Buon Governo" perchè ospita quell'allegoria, " della Pace" da una delle figure qui rappresentate. Ma la sala incarna appieno la mentalità dei Nove, la forma di governo che più a lungo e meglio resse a Siena, dal 1287 al 1355, garantendole uno sviluppo economico e artistico con pochi eguali al mondo.
I Nove incaricarono nel 1337, Ambrogio Lorenzetti, che dopo la partenza di Simone Martini per la corte papale ad Avignone, era rimasto il principale interprete della Scuola senese, di decorare l'ambiente.
In esso i Nove ricevevano gli ospiti, volendo che fosse immediatamente chiaro quali erano gli ideali che ispiravano il loro agire.
Si tratta del primo ciclo profano della storia dell'arte e si sviluppa per vari gradi descrittivi con una meticolosa determinazione didascalica, come a dire che non vi dovesse essere alcun dubbio sulla comprensione del messaggio proposto. Sulla parete opposta alla finestra, quindi in migliori condizioni di leggibilità vi è l'Allegoria del Buon governo". Essa si basa sul concetto della divisione dei poteri tra il "Governo", raffigurato attraverso un vecchio saggio vestito dei colori di Siena (bianco e nero), e la "Giustizia" dotata della simbolica bilancia. I due protagonisti dell' amministrazione dello Stato agiscono sullo stesso piano, pur lavorando in ambiti diversi.
Il "governo" si avvale dell'apporto delle virtù cristiane, nel suo operare, mentre la "Giustizia" è assistita dalla "Sapienza".
Dai piatti della bilancia della "Giustizia" si diparte un doppio filo, poi riunito dalla figura della "concordia" e consegnato da questa a ventiquattro cittadini che lo riconducono al "governo", a significare che la separatezza dei poteri, secondo l' antica concezione aristotelica dello Stato, mutuata del pensiero di Tommaso d'Aquino, deve conoscere aspetti di vicinanza, garantiti dalla partecipazione dei cittadini alla gestione delle cose pubbliche.
Sull' altro lato della figurazione è schierato l' esercito con dei prigionieri in catene, come altro elemento fondamentale dell'equilibrio politico.
Ai piedi del "governo" è assisa una lupa, per la prima volta proposta come simbolo della città, un segno che fino ai nostri giorni è stato riproposto nelle architetture, nelle monete, nelle insegne anche più umili.
Nella parete accanto, sovrastante la porta d' accesso, sono dipinti, "Gli Effetti del Buongoverno in città e in campagna". La città e il paesaggio non sono astratti ma ben identificabili in Siena e nel suo territorio, raffigurati con tutte le loro peculiari caratteristiche. Nella Siena medievale fervono le varie attività: i commerci, le manifatture, lo studio. I muratori costruiscono nuovi edifici in una città che cresce. I traffici sono intensi lungo la strada (la Francigena) che taglia la città e la sua campagna, che è segnata dall'intervento rispettoso dell' uomo che la usa a suo vantaggio.
Su tutta la scena domina la "Securitas", la cui morbida grazia non è scalfita dalla sinistra presenza dell'impiccato che tiene. La sicurezza che per i più si tramuta nell'agio di condurre tranquillamente le proprie occupazioni, per alcuni di dedicarsi al diletto dello spirito.
Sulla parte opposta, rispondendo ad una esigenza di tipo didattico, sono raffigurati "L'Allegoria e gli effetti del Cattivo governo" in modo che l'esempio negativo possa ancor più far brillare le concezioni dei Nove.
Il concetto che si vuole esplicitare è quello della "Tirannia", di un tipo di governo cioè che non guarda al bene comune ma ai propri ristretti interessi. Per ottenere lo squallido risultato il Tiranno, che come consiglieri tiene i "vizi", ha dovuto per prima cosa neutralizzare la "giustizia" che, legata e spogliata, è ormai priva delle sue prerogative.
Ne conseguono effetti devastanti per la città e la campagna, ridotte a scenario di angherie e violenza, teatro di morte e distruzione, dove nessuno lavora e soltanto il fabbro prosegue nella sua mortifera attività di costruttore d'armi.
Il grandioso ciclo lorenzettiano ci è giunto gravemente lesionato dal tempo e anche dalla scarsa considerazione di cui ha goduto questo genere d'arte, considerata "primitiva", nei secoli passati.

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ANTICAPPELLA - Palazzo Pubblico di Siena

Venne anticamente usata come anticamera del Concistoro, ospitandone gli uffici. Proprio per queste funzioni, Taddeo di Bartolo venne incaricato nel 1415, di costruirvi un ciclo pittorico che partendo dalla raffigurazione delle Virtù necessarie al buon esercizio del potere (Giustizia, Magnanimità, Forza, Prudenza e Religione) sotto le quali proponeva una galleria di personaggi che per le loro gesta e la loro storia avevano contribuito alla formazione dell'Antica Roma, come Catone, Muzio Scevola, Scipione e altri.
Sull' arco di ingresso verso la Sala del Mappamondo, Taddeo raffigurò poi la Pianta della Roma del tempo, circondata ancora dai personaggi più imponenti della cultura antica. Il recupero della cultura classica operato in epoca illuministica aveva portato a Siena frutti importanti tanto che la città si ricostruì tramite le supposizioni di alcuni coraggiosi eruditi, una storia illustre quanto poco verosimile che affondava radici nella stessa origine della Città eterna, come testimoniato dalla scelta come simbolo della città della Lupa romana.
Sull' alzata della parte opposta all'ingresso vi è un monumentale San Cristoforo, sempre opera di Taddeo. La raffigurazione di questo Santo era consueta, specie nelle città meta di pellegrini, perchè la sua vista doveva conferire loro sicurezza e protezione.
Per questo, ma anche a causa della tradizione che lo voleva di proporzioni gigantesche, veniva in genere dipinto in grande formato, perchè, la sua vista fosse agevole anche ai più distratti. Nel nostro caso, probabilmente, la grandiosità della rappresentazione si deve anche a una specie di debito che il Comune pagava al Santo che aveva ospitato a lungo nella sua Chiesa, posta proprio al centro della città, attività e riunioni pubbliche, prima dell'edificazione del Palazzo Pubblico.
Nella vetrina sono custoditi alcuni arredi sacri utilizzati nel tempo per le cerimonie religiose che qui si svolgevano, la più importante delle quali è sicuramente la Rosa d'oro,opera di Simone da Firenze, capolavoro dell'oreficeria rinascimentale, donata dal Papa Pio II Piccolomini alla città nel 1458.

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SALA DEI NOVE - Palazzo Pubblico di Siena

È forse la sala più nota tra quelle del Palazzo Pubblico e molti visitatori si accontentano della sua consultazione che, volendo approfondirla, può andare avanti per delle ore.
Ha avuto nel tempo molti nomi: "delle balestre" perchè anche destinata ad armeria, del "Buon Governo" perchè ospita quell'allegoria, " della Pace" da una delle figure qui rappresentate. Ma la sala incarna appieno la mentalità dei Nove, la forma di governo che più a lungo e meglio resse a Siena, dal 1287 al 1355, garantendole uno sviluppo economico e artistico con pochi eguali al mondo.
I Nove incaricarono nel 1337, Ambrogio Lorenzetti, che dopo la partenza di Simone Martini per la corte papale ad Avignone, era rimasto il principale interprete della Scuola senese, di decorare l'ambiente.
In esso i Nove ricevevano gli ospiti, volendo che fosse immediatamente chiaro quali erano gli ideali che ispiravano il loro agire.
Si tratta del primo ciclo profano della storia dell'arte e si sviluppa per vari gradi descrittivi con una meticolosa determinazione didascalica, come a dire che non vi dovesse essere alcun dubbio sulla comprensione del messaggio proposto. Sulla parete opposta alla finestra, quindi in migliori condizioni di leggibilità vi è l'Allegoria del Buon governo". Essa si basa sul concetto della divisione dei poteri tra il "Governo", raffigurato attraverso un vecchio saggio vestito dei colori di Siena (bianco e nero), e la "Giustizia" dotata della simbolica bilancia. I due protagonisti dell' amministrazione dello Stato agiscono sullo stesso piano, pur lavorando in ambiti diversi.
Il "governo" si avvale dell'apporto delle virtù cristiane, nel suo operare, mentre la "Giustizia" è assistita dalla "Sapienza".
Dai piatti della bilancia della "Giustizia" si diparte un doppio filo, poi riunito dalla figura della "concordia" e consegnato da questa a ventiquattro cittadini che lo riconducono al "governo", a significare che la separatezza dei poteri, secondo l' antica concezione aristotelica dello Stato, mutuata del pensiero di Tommaso d'Aquino, deve conoscere aspetti di vicinanza, garantiti dalla partecipazione dei cittadini alla gestione delle cose pubbliche.
Sull' altro lato della figurazione è schierato l' esercito con dei prigionieri in catene, come altro elemento fondamentale dell'equilibrio politico.
Ai piedi del "governo" è assisa una lupa, per la prima volta proposta come simbolo della città, un segno che fino ai nostri giorni è stato riproposto nelle architetture, nelle monete, nelle insegne anche più umili.
Nella parete accanto, sovrastante la porta d' accesso, sono dipinti, "Gli Effetti del Buongoverno in città e in campagna". La città e il paesaggio non sono astratti ma ben identificabili in Siena e nel suo territorio, raffigurati con tutte le loro peculiari caratteristiche. Nella Siena medievale fervono le varie attività: i commerci, le manifatture, lo studio. I muratori costruiscono nuovi edifici in una città che cresce. I traffici sono intensi lungo la strada (la Francigena) che taglia la città e la sua campagna, che è segnata dall'intervento rispettoso dell' uomo che la usa a suo vantaggio.
Su tutta la scena domina la "Securitas", la cui morbida grazia non è scalfita dalla sinistra presenza dell'impiccato che tiene. La sicurezza che per i più si tramuta nell'agio di condurre tranquillamente le proprie occupazioni, per alcuni di dedicarsi al diletto dello spirito.
Sulla parte opposta, rispondendo ad una esigenza di tipo didattico, sono raffigurati "L'Allegoria e gli effetti del Cattivo governo" in modo che l'esempio negativo possa ancor più far brillare le concezioni dei Nove.
Il concetto che si vuole esplicitare è quello della "Tirannia", di un tipo di governo cioè che non guarda al bene comune ma ai propri ristretti interessi. Per ottenere lo squallido risultato il Tiranno, che come consiglieri tiene i "vizi", ha dovuto per prima cosa neutralizzare la "giustizia" che, legata e spogliata, è ormai priva delle sue prerogative.
Ne conseguono effetti devastanti per la città e la campagna, ridotte a scenario di angherie e violenza, teatro di morte e distruzione, dove nessuno lavora e soltanto il fabbro prosegue nella sua mortifera attività di costruttore d'armi.
Il grandioso ciclo lorenzettiano ci è giunto gravemente lesionato dal tempo e anche dalla scarsa considerazione di cui ha goduto questo genere d'arte, considerata "primitiva", nei secoli passati.

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SALA DEI NOVE - Palazzo Pubblico di Siena

È forse la sala più nota tra quelle del Palazzo Pubblico e molti visitatori si accontentano della sua consultazione che, volendo approfondirla, può andare avanti per delle ore.
Ha avuto nel tempo molti nomi: "delle balestre" perchè anche destinata ad armeria, del "Buon Governo" perchè ospita quell'allegoria, " della Pace" da una delle figure qui rappresentate. Ma la sala incarna appieno la mentalità dei Nove, la forma di governo che più a lungo e meglio resse a Siena, dal 1287 al 1355, garantendole uno sviluppo economico e artistico con pochi eguali al mondo.
I Nove incaricarono nel 1337, Ambrogio Lorenzetti, che dopo la partenza di Simone Martini per la corte papale ad Avignone, era rimasto il principale interprete della Scuola senese, di decorare l'ambiente.
In esso i Nove ricevevano gli ospiti, volendo che fosse immediatamente chiaro quali erano gli ideali che ispiravano il loro agire.
Si tratta del primo ciclo profano della storia dell'arte e si sviluppa per vari gradi descrittivi con una meticolosa determinazione didascalica, come a dire che non vi dovesse essere alcun dubbio sulla comprensione del messaggio proposto. Sulla parete opposta alla finestra, quindi in migliori condizioni di leggibilità vi è l'Allegoria del Buon governo". Essa si basa sul concetto della divisione dei poteri tra il "Governo", raffigurato attraverso un vecchio saggio vestito dei colori di Siena (bianco e nero), e la "Giustizia" dotata della simbolica bilancia. I due protagonisti dell' amministrazione dello Stato agiscono sullo stesso piano, pur lavorando in ambiti diversi.
Il "governo" si avvale dell'apporto delle virtù cristiane, nel suo operare, mentre la "Giustizia" è assistita dalla "Sapienza".
Dai piatti della bilancia della "Giustizia" si diparte un doppio filo, poi riunito dalla figura della "concordia" e consegnato da questa a ventiquattro cittadini che lo riconducono al "governo", a significare che la separatezza dei poteri, secondo l' antica concezione aristotelica dello Stato, mutuata del pensiero di Tommaso d'Aquino, deve conoscere aspetti di vicinanza, garantiti dalla partecipazione dei cittadini alla gestione delle cose pubbliche.
Sull' altro lato della figurazione è schierato l' esercito con dei prigionieri in catene, come altro elemento fondamentale dell'equilibrio politico.
Ai piedi del "governo" è assisa una lupa, per la prima volta proposta come simbolo della città, un segno che fino ai nostri giorni è stato riproposto nelle architetture, nelle monete, nelle insegne anche più umili.
Nella parete accanto, sovrastante la porta d' accesso, sono dipinti, "Gli Effetti del Buongoverno in città e in campagna". La città e il paesaggio non sono astratti ma ben identificabili in Siena e nel suo territorio, raffigurati con tutte le loro peculiari caratteristiche. Nella Siena medievale fervono le varie attività: i commerci, le manifatture, lo studio. I muratori costruiscono nuovi edifici in una città che cresce. I traffici sono intensi lungo la strada (la Francigena) che taglia la città e la sua campagna, che è segnata dall'intervento rispettoso dell' uomo che la usa a suo vantaggio.
Su tutta la scena domina la "Securitas", la cui morbida grazia non è scalfita dalla sinistra presenza dell'impiccato che tiene. La sicurezza che per i più si tramuta nell'agio di condurre tranquillamente le proprie occupazioni, per alcuni di dedicarsi al diletto dello spirito.
Sulla parte opposta, rispondendo ad una esigenza di tipo didattico, sono raffigurati "L'Allegoria e gli effetti del Cattivo governo" in modo che l'esempio negativo possa ancor più far brillare le concezioni dei Nove.
Il concetto che si vuole esplicitare è quello della "Tirannia", di un tipo di governo cioè che non guarda al bene comune ma ai propri ristretti interessi. Per ottenere lo squallido risultato il Tiranno, che come consiglieri tiene i "vizi", ha dovuto per prima cosa neutralizzare la "giustizia" che, legata e spogliata, è ormai priva delle sue prerogative.
Ne conseguono effetti devastanti per la città e la campagna, ridotte a scenario di angherie e violenza, teatro di morte e distruzione, dove nessuno lavora e soltanto il fabbro prosegue nella sua mortifera attività di costruttore d'armi.
Il grandioso ciclo lorenzettiano ci è giunto gravemente lesionato dal tempo e anche dalla scarsa considerazione di cui ha goduto questo genere d'arte, considerata "primitiva", nei secoli passati.

Tratto da:
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